MARGARITA
1/10
succo di limone
3/10 Cointreau o Triple Sec
6/10 tequila
Si prepara nello shaker con abbondante ghiaccio e si versa nella
coppetta da cocktail ben fredda guarnita di sale su una parte del bordo.
Per
il frozen frullare gli ingredienti (sale escluso) con abbondante
ghiaccio tritato.
Storia
Piccolo quiz senza
premio finale: perché la tequila, distillato dell’agave, si chiama
così? Risposta: il nome deriva da un paesino dell’altopiano
messicano, battezzato “Tequila” chissà quando. Da quelle parti è
passato il comandante Pancho Villa con le sue truppe in lotta per
l’indipendenza dagli spagnoli. E non v’è dubbio che la tequila
abbia infuso coraggio ai ribelli e annaffiato tante battaglie. Come
preparavano il margarita i prodi “panchisti”, e come lo prepara
tutt’oggi la gente messicana? Niente, coppetta, niente shaker, niente
gestualità elegante. Si versa un po’di sale nell’incavo della mano
tra pollice e indice, si spruzza qualche goccia di limone. Una bella
leccata da una parte e un abbondante sorso di tequila dall’altra.
C’è chi giura che neanche il più consumato dei professionisti riesce
a preparare un margarita così buono. Per una serata o un aperitivo
sorprendenti, mettete da parte conformiste “pruderie” e armate i
vostri ospiti di limone, sale e tequila lasciando perdere il bicchiere.
Que fiesta!
DICE
IL BARMAN
I Margarita
non sono tutti uguali. Mai. Solo un “vero” barman sa farlo giusto,
non troppo acido di limone [il difetto più comune], non troppo dolce di
Triple Sec. Giusto. Vigoroso e ghiacciato, con una punta di salato (una
punta appena) dal bordo del bicchiere. Dopo, il solleone è meno
solleone. E’ una questione di stile. Se lo apprezzate davvero
riuscirete a farlo perfetto
In
collaborazione con Gambero Rosso
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